L’ultimo caso oggi, a Giardinello, nel Palermitano, dove una trentenne rumena incinta è stata uccisa a coltellate dall’amante dopo che lo aveva minacciato di rivelare la relazione alla moglie. Nei primi dieci mesi di quest’anno sono stati 95 in Italia gli omicidi con vittime femminili, quasi uno ogni tre giorni: 80 commessi in ambito familiare/affettivo e 60 all’interno di una relazione di coppia. Nel 2018, le donne uccise erano state 142, una in più dell’anno precedente: in termini relativi l’anno scorso le vittime femminili hanno raggiunto il valore più alto mai censito in Italia, attestandosi sul 40,3%, a fronte del 35,6% dell’anno precedente.
Dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner. Sono alcuni dei dati del Rapporto Eures 2019 su “Femminicidio e violenza di genere”, secondo cui a crescere nel 2018 sono soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare/affettivo (+6,3%, da 112 a 119) – dove si consuma l’85,1% degli eventi con vittime femminili – ma anche le vittime femminili della criminalità comune (17 nel 2018 rispetto alle 15 dell’anno precedente); diminuiscono invece gli omicidi maturati negli ambiti “di prossimità ” (da 13 nel 2017 a 6 nel 2018 le donne uccise da conoscenti, in ambito lavorativo o di vicinato).
Chi sono le vittime
Anche nel 2018 la percentuale più alta dei femminicidi familiari è commessa all’interno della coppia, con 78 vittime pari al 65,6% del totale (+16,4% rispetto alle 67 del 2017): in 59 casi (pari al 75,6%) si è trattato di coppie “unite” (46 tra coniugi o conviventi) mentre 19 vittime (il 24,4% di quelle familiari) sono state uccise da un ex partner. Stabile o in flessione la presenza di altre figure: le madri uccise scendono da 18 a 14 e le sorelle da 5 a 3, mentre le figlie uccise passano da 12 a 13.
Ancora in aumento, nel 2018, anche il numero delle donne anziane vittime di femminicidio (48 le over 64, pari al 33,8% delle vittime totali, di cui 41 in ambito familiare), “confermando la fragilità di tale componente della popolazione – sottolineano gli autori del Rapporto – sempre più numerosa, spesso isolata e maggiormente esposta ai fattori sociali e materiali di rischio (disagio, malattia, disabilità )”.
Si attesta al 24,4% la percentuale delle donne straniere tra le vittime di femminicidio: 35 in valori assoluti di cui 29 in ambito familiare. Nel 28% dei casi “noti” sono stati riscontrati precedenti maltrattamenti a danno delle vittime (violenze fisiche, stalking, minacce), spesso noti a terze persone, “confermando come il femminicidio rappresenti l’ultimo anello di una escalation di vessazioni e violenze che la presenza di una efficace rete di supporto (amicale, sociale, istituzionale), potrebbe invece riuscire ad arginare”.
Nel Nord la maggior parte dei femminicidi
Il Nord conferma anche nel 2018 la più alta presenza di donne uccise (66, pari al 45% del totale italiano, di cui 56 in famiglia), mentre il 35,2% dei femminicidi si registra al Sud (50 casi, di cui 42 in famiglia) e il 18,3% nelle regioni del Centro (26 casi, di cui 21 in famiglia). A livello regionale, è la Lombardia a registrare anche l’anno scorso il più alto numero di donne uccise (20), seguita dalla Campania (19), dal Piemonte e dal Lazio (rispettivamente 13 e 12).
Tra le province si segnala il dato di Caserta, con 9 vittime femminili, affiancata da Roma (9), cui segue la provincia di Monza Brianza (7 vittime nel 2018 contro le 2 del 2017); 4 le vittime a Milano, a fronte delle 10 del 2016 e delle 7 del 2017. Il principale movente dei femminicidi familiari si conferma quello della gelosia e del possesso (impropriamente definito “passionale”), riscontrato nel 32,8% dei casi; seguono, con ampi scarti, le liti e i dissapori (16%) e il disagio della vittima (15,1%), cui occorre affiancare il 13,4% dei delitti “spiegati” dal disagio mentale dell’autore.
Sono le armi da fuoco il principale strumento di morte nei femminicidi commessi in Italia nel 2018 (32,4%), con 46 vittime a fronte delle 22 del 2017 e delle 33 nel 2016. In flessione il ricorso ad armi da taglio (33 vittime, pari al 23,2%, rispetto a 52 nel 2017), cui è da attribuire un numero di casi analogo a quello rilevato per gli omicidi commessi per strangolamento, soffocamento, percosse o precipitazione. L’utilizzo delle armi da fuoco prevale nel 2018 anche in ambito familiare (con 41 vittime, pari al 34,5%), con un aumento pari al 116% (erano 19 nel 2017).