di Lorenza Pleuteri
Dal report sugli assassinii della Direzione centrale della polizia criminale spiccano l’impennata dei femminicidi e l’età avanzata di molte vittime: un terzo aveva più di 64 anni
Carla e Concetta, Rosa e Jennifer, Fausta e Alessandra, uccise a inizio gennaio 2020. Poi, a fine dicembre, Agitu, Rosina, Sonia, Francesca. E, tra loro, troppe altre. Anziane, di mezza età, giovanissime, bimbe. Sposate e single, divorziate. Sottomesse per amore dei figli o decise e riprendersi in mano la propria vita. Spaventate o coraggiose, restie ad esporsi o pronte alla denuncia. Malate o troppo piccole per riuscire a difendersi, prese di mira da sbandati o criminali. Incolpevoli, sempre. Nell’annus horribilis della pandemia sono scesi ai minimi storici gli omicidi volontari commessi in Italia, crollati sotto quota 300, un livello impensabile una trentina di anni fa (nel 1990 furono 1633, fonte Eures).
Ma il trend globale in discesa (da 315 a 271 casi complessivi, pari al – 14 per cento) non riguarda le vittime di genere femminile. Anzi. Le donne uccise l’anno scorso per i motivi più diversi – come ha rimarcato anche il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 – sono state 112, una in più rispetto al 2019 (+ 0.9 per cento), con una media di due (e dispari) alla settimana.
Le misure di lockdown totale di 69 giorni e le settimane di blocchi parziali, diversamente da come temevano criminologi ed addetti ai lavori, non hanno fatto lievitare a dismisura il numero complessivo di vittime di genere femminile. Però hanno “spostato” ancora di più la violenza all’interno delle famiglie e delle coppie, a fronte di una marcata contrazione dei delitti di strada e di criminalità. E sono raddoppiati i femminicidi (intesi in senso stretto, come delitti legati al genere) seguiti dai suicidi dei responsabili, con un escalation di casi a Torino e provincia, con un nuovo caso anche in questo gennaio. Ed è salita l’età media delle vittime. Gli autori, si conferma, restano per la stragrande maggioranza uomini.
Dati e statistiche cancellano identità e differenze. Le singole storie e i nomi si perdono, annullati. Ma numeri e grafici sono indispensabili per capire andamenti e dinamiche di omicidi e femminicidi e avere una visione di insieme. Il quadro è stato delineato dalla Direzione centrale della polizia criminale, l’articolazione del Dipartimento di pubblica sicurezza diretta dal prefetto Vittorio Rizzi, dove dal suo insediamento c’è una maggiore attenzione ai reati con prevalenza di vittime femminili. Il report sugli omicidi volontari diffuso dal Viminale (da cui restano fuori omicidi preterintenzionali, infanticidi e morti come conseguenza di altri delitti, ad esempio i maltrattamenti in famigli o lo spaccio di droga) certifica che anche nel 2020 è proseguita la diminuzione in corso da decenni (375 nel 2017, 359 nel 2018, 315 nel 2019 e 271 nel 2020).
L’andamento non è stato così costante per le donne (132 uccise nel 2017, 141 nel 2018, 111 nel 2019 e 112 nel 2020). Anche in ambito familiare e affettivo nel corso dei quadriennio le oscillazioni sono state altalenanti (143 omicidi di donne e uomini nel 2017, 161 nel 2018, 151 nel 2019 e 142 nel 2020, con 96 vittime di genere femminile nel 2017, 111 nel 2018, 151 nel 2019 e 98 nel 2020), così come il trend dei femminicidi commessi da partner e ex partner o a loro attribuiti a seguito di indagini (57 donne ammazzate nel 2017 da uomini con cui avevano o avevano avuto una relazione, 75 nel 2018, 68 nel 2019 e 66 nel 2020, sempre che tutti i processi confermino accuse e ipotesi).
Oggetto di studio ed analisi della Direzione centrale della polizia criminale è stato anche l’andamento degli omicidi su base mensile, sia dell’anno 2019 sia del 2020, per provare a capire se e come possano aver influito le misure restrittive adottate per contenere la diffusione del Covid 19 e le riaperture alla libera circolazione delle persone. A gennaio, prima che esplodesse la pandemia, si sono contati ben 31 omicidi (17 con donne vittime). Il numero si è ridotto a febbraio (16 in tutto, 6 di genere femminile) e si è mantenuto relativamente basso nella prima fase e nel periodo centrale dei blocchi totali (18 omicidi a marzo e 18 omicidi ad aprile, rispettivamente con 11 e 7 donne vittime). Con l’allentamento delle misure restrittive, a metà maggio, i dati sono tornati a salire (20 delitti in tutto il mese, 10 dei quali al femminile).
A giugno si è toccato il picco massimo annuale (33 omicidi, di cui 10 di donne). L’estate e l’avvio dell’autunno sono passati senza impennate o discese pesanti degli episodi (27 omicidi totali e 14 vittime donne a luglio, 24 e 6 a agosto e 28 e 8 a settembre). A ottobre e novembre (17 casi per ciascun mese) le statistiche documentano una flessione sensibile del numero globale di omicidi (con 4 donne ammazzate a ottobre, il minimo dell’anno, e 10 a novembre). Gli assassini in azione a dicembre (in prevalenza uomini, come nel resto dell’anno, come sempre) al macabro conto hanno aggiunto 22 vittime (9 di genere femminile). «Nei mesi di febbraio, maggio, ottobre e novembre – sottolineano gli analisti del Dipartimento di polizia criminale – tutte le donne massacrate, il 100 per cento, sono state uccise in un ambito familiare o affettivo». Non solo. Andando a vedere l’incidenza delle donne vittime di omicidio sul numero totale di omicidi commessi, si vede che nel 2019 il valore si è mantenuto costantemente intorno al 30 per cento, con un evidente incremento in giugno e dicembre (50 per cento). Nel 2020 la maggior incidenza si è verificata proprio nel primo periodo del lockdown, attestata al 61 per cento a marzo, diminuita nei mesi successivi, risalata fino al 59 per cento a novembre.
L’elaborazione dei dati su base territoriale racconta che è la Lombardia la regione con il maggior numero di vittime femminili di omicidio, un primato negativo del 2019 mantenuto anche nel 2020. Nel territorio lombardo due anni fa si sono contati 18 dei 111 femminicidi complessivi censiti in Italia (con 16 delitti in ambito familiare/affettivo e 12 commessi da partner ed ex partner). Seguono Emilia Romagna (14) e Lazio (12), mentre non c’è stato alcun assassinio al femminile in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Molise e Valle d’Aosta. Nel 2020, con il totale nazionale salito a 112 donne ammazzate, la Lombardia continua a guidare la graduatoria noir con 21 omicidi (17 in ambito familiare/affettivo, 10 attribuiti a partner ed ex partner). Al secondo posto figura il Piemonte, con una escalation impressionante (16 donne massacrate e tutte uccise in ambito familiare/affettivo, 12 delle quali per mano di partner ed ex partner, mentre il totale del 2019 si è fermato a 6). Le regioni con meno episodi delittuosi sono state Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, rispettivamente con 2 e 1 femminicidio. Sempre l’anno scorso non si è registrata alcuna vittima di genere femminile in Basilicata, Molise, Umbria e Valle d’Aosta. Con una avvertenza, che vale anche per gli uomini. Si tratta di dati operativi, c’è cioè la possibilità che subiscano variazioni. Un apparente suicidio, classificato come tale e rimasto fuori dalle statistiche, potrebbe poi essere qualificato come assassinio e rientrare nei riepiloghi. Un omicidio volontario potrebbe venire degradato a omicidio stradale e viceversa. Quello che nelle indagini sembra un atto volontario in sede di processo potrebbe essere qualificato come preterintenzionale, così come il contario, e uscire dai bollettini noir.
I ricercatori dell’Eures aggiungono ulteriori elementi e approfondimenti, sulla base dell’esame dei femminicidi commessi tra gennaio e ottobre 2020, comparati con quelli dello stesso periodo 2021. Emerge ad esempio che, a fronte del crollo dei casi collocabili nel perimetro della criminalità comune, sono aumentate (da 0 a 4) le vittime femminili di vicinato, liti condominiali e affini. «La condizione di “chiusura” in casa imposta dal lockdown e dalle altre misure di auto-isolamento hanno avuto un ruolo significativo, generando nuove occasioni di conflittualità o esasperando quelle preesistenti”.
Situazione simile in ambito lavorativo ed economico. Le donne uccise, sempre stando alle elaborazioni dei ricercatori Eures, sono passate da 0 a 3, «anche per l’aumento di criticità sul fronte occupazionale ed economico, in numerosi settori, derivante dall’emergenza sanitaria». Altra considerazione: «Nel 2020 la convivenza ha costituito un significativo fattore di rischio, superiore agli anni passati. Le donne si sono spesso trovate a condividere interamente il tempo con i propri “carnefici”, senza possibili via di fuga». Gelosia e possesso sono rimasti alla base di molti delitti (quasi un terzo, per la precisione il 31,6 per cento di quelli mappati), seppure con una diminuzione rispetto al passato prossimo (la voce rappresentava il 47 per cento dei moventi, nei primi dieci mesi 2019. «E’ invece aumentata l’incidenza delle donne uccise all’interno della famiglia, a seguito di litigi e dissapori: in una situazione di costretta e continuata convivenza, bisticci e contrasti hanno provocato corto circuiti, esasperando le microconflittualità quotidiane precedentemente rese più gestibili dalle minori occasioni di contatto”. A crescere è stato anche il numero di donne uccise per l’incapacità o l’impossibilità dell’autore (generalmente il coniuge) di prendersi cura della malattia (fisica e piscologica) della vittima.
Due i fenomeni che spiccano drammaticamente negli scenari tratteggiati dai analisti e ricercatori: i delitti della terza e quarta età (le vittime over 64 uccise sono state quasi un terzo del totale, il 31,9 nel 2020, contro il 30,3 del 2019) e l’impennata dei femminicidi-suicidi (con il primato negativo di Torino e provincia). «Negli anni precedenti il 2020 la percentuale di autori che si sono tolti la vita dopo aver commesso un delitto, per i sensi di colpa o perché si trattava in realtà un suicidio allargato, si era attestata al di sotto del 30 per cento, con un 23 per cento rilevato tra gennaio e ottobre 2019. Nei primi 10 mesi del 2020 è salita al 43,1 per cento. L’incremento più rilevante si è osservato per i suicidi dei responsabili di uxoricidio, passati da 10 a 21 (+110 per cento), pari alla metà del totale (contro il 28,6 per cento del 2019)».
La mattanza nella mattanza, continuata a novembre e ripresa a gennaio 2021, è localizzata a Torino e dintorni. Il 13 gennaio 2020 un 54enne di Avigliana ha aggredito la moglie Stefania, 48 anni, durante una lite. L’ha stordita con una badile e l’ha ammazzata con un dardo scagliato con una balestra, la stessa arma usata per uccidersi. La notte del 6 febbraio, a Piossasco, un grafico danese di 39 anni ha accoltellato la moglie Anna, architetto di 32 anni di origine russa, e si è sgozzato. A lockdown appena iniziato, a Beinasco, un ex vigile urbano di 65 anni ha preso a revolverate la moglie Bruna e il figlio Simone, lei 60 anni, lui 29 anni. L’ultimo colpo lo ha riservato a sé stesso.
Nella notte del 5 luglio 2020, a Torino, una donna 33enne ha ucciso la madre sessantenne con tre coltelli diversi e poi si è lanciata giù dal balcone di casa. A Carmagnola, il 17 luglio, un pensionato di 68 anni ha cancellato la vita della compagna Eufrosina, un anno meno di lui, con un colpo di pistola. Andato a rifugiarsi in un’altra casa, l’ha fatta finita. Identico epilogo a Vinovo, per un metronotte disoccupato di 48 anni responsabile della morte dell’ex convivente, Emanuela di 44 anni, cancellata dalla faccia della terra con la pistola d’ordinanza. A Rivara, il 21 settembre, un padre di 47 anni ha ammazzato il figlio undicenne con una pistolettata al cuore e si è sparato alla tempia. A Venaria, il 26 settembre, un 46enne disabile ha messo fine all’esistenza della moglie da cui stava per separarsi, Maria di 41 anni, e si è suicidato con la stessa arma: una pistola non autorizzata. Il 9 novembre, in una villetta di Carignano, un operaio agricolo di 40 anni ha sterminato la famiglia (la moglie Barbara di 38 anni e i due figli gemelli, Alessandro e Aurora di 2 anni) con una semiautomatica comprata pochi giorni prima e legalmente detenuta. Poi, soppresso anche il cane di casa, è uscito di scena, sparandosi.